sabato 4 ottobre 2008

Palla prigioniera

Palla prigioniera è un gioco per ragazzi che prevede la divisione in due squadre. Si gioca su un campo abbastanza grande, rettangolare, di circa 15 x 8 metri, diviso in quattro fasce di grandezza diversa, due più piccole ai confini e due più grandi al centro; in queste ultime si posizionano alternati i componenti delle due squadre a inizio partita. Le squadre devono essere composte da almeno quattro giocatori ciascuna. Si nominano due capitani, e con il metodo di pari e dispari questi dovranno disputarsi il diritto di scegliere i componenti della squadra e di giocare per primi.

A turno, uno dei componenti di una squadra dovrà cercare di colpire un avversario o più, lanciando una palla con le mani, senza superare con i piedi o con le braccia il confine che divide i due campi. Il tiro viene convalidato solo se il pallone non urta né una parete né il terreno prima di colpire un avversario. Quando un avversario viene colpito dal pallone si deve spostare nella zona dei "prigionieri", che sta esattamente nella fascia più piccola, dietro ai giocatori dell'altra squadra. L'obiettivo della partita è catturare tutti o la maggior parte degli avversari, se si pone un tempo massimo. Se dopo un tiro la palla viene presa al volo da un giocatore della squadra avversaria, sarà colui che ha tirato la palla ad andare nella zona prigionieri.

da wikipedia




Il gioco della palla prigioniera è uno dei più famosi e coinvolgenti giochi da cortile, un classico al livello di Guerra e Pace, come tutti i classici minacciato d'oblio da una società che ha blindato i suoi figli in una clausura elettronica. Rispetto ad altri giochi è notevole la complessità delle regole, causa di infinite contestazioni, che però non lo rendono meno cinetico ed emozionante. Si può immaginare che esso sia nato nei grandi giardini all'italiana delle corti europee, o nelle fiere campestri che si tenevano in occasione di particolari feste religiose, o nelle piazze d'armi dei reggimenti di fanteria rinascimentali. Comunque sia, non ha l'aspetto di un gioco nato nel mondo dei bambini, ma di un gioco che s'è "bambinizzato" e che ai bambini e alla loro cultura di trasmissione orale deve la sua sopravvivenza.
Vorrei qui lanciare, senza straccio d'indizio o prova, un'ipotesi diversa sull'origine del gioco, che si basa sulla sua flebilissima somiglianza con un elemento del nostro comune patrimonio euroasiatico.
Si tratta, in breve, delle battaglie tra diversi contingenti di streghe, o di predestinati, descritte da Carlo Ginzburg nei suoi Benandanti, in un contesto tutto friulano, e poi studiate con più ampio respiro di spazio e di tempo in Una storia notturna. Il gioco si basa su due regole: la battaglia di due fazioni e le due possibili condizioni d'ogni giocatore, che dividono ciascuna fazione in due sottosquadre. I "liberi" sono pienamente vivi, mentre i "prigionieri" hanno, per così dire, "un piede nella tomba": sono vite a metà, utili ancora al gioco di squadra, ma non contribuiscono alla sua sopravvivenza.
Ora, nel complesso di credenze agrarie studiato da Ginzburg in Friuli, bande di anime predestinate (i "benandanti"), uscendo nel sonno dai loro corpi in forma di topolino, si sarebbero recate -per secoli, in date particolari- a combattere con analoghe bande d'altri paesi, o con schiere di streghe, tutti i contendenti essendo amati di sole verghe di finocchio selvatico. La vittoria avrebbe garantito il raccolto. E qui c'è la prima, generica, analogia col gioco della palla prigioniera, che è scontro alla pari tra squadre.
Ma Ginzburg segue pure il sottotema dell'anima che esce dal corpo, o meglio, della reincarnazione in altra forma, arrivando, a migliaia di anni e di chilometri più lontano, a credenze sciamaniche, poi sopravvissute in varia forma un pò ovunque nel mondo. Vi si tratta d'un animale da preda, le cui ossa vengono rinchiuse nella sua pelle e riprendono vita; ma una vita imperfetta, più debole, sterile. E questa resurrezione imperfetta, un ritorno dalla morte, ma "in prestito", è proprio quello che avviene ai "prigionieri" del gioco.

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