domenica 7 ottobre 2007

Ulisse

Ulisse viaggiava per tornare a casa, ma più viaggiava e più se ne allontanava, e finiva col visitare luoghi sempre più distanti e strani. Scriveva delle lettere per sua moglie Penelope e per suo figlio Telemaco, le metteva dentro un vaso, lo tappava ben bene che non entrasse l’acqua e lo faceva scivolare in mare, sperando che le onde lo portassero a Itaca, la sua isola.
Una volta aveva scritto: “Mi trovo nell’isola degli uomini-con-la-testa-di-cane”, ma la lettera, invece di arrivare a Telemaco, era finita all’isola degli uomini-con-la-testa-di-gatto, che la lessero e si spaventarono tantissimo. Affondarono le loro barche e giurarono che non avrebbero più navigato per il mare, non avesse voluto il destino che incontrassero qualche orrido uomo-con-la-testa-di-cane.
C’era un isola in cui tutte le correnti arrivavano e nessuna la lasciava. Tutta l’acqua veniva inghiottita da delle grotte scavate sulla scogliera e sprofondava sottoterra, nessuno sapeva bene dove. Ulisse cercava di spedire i vasi con le sue lettere, ma la corrente glieli faceva ritornare tutti indietro. In compenso, gli arrivavano vasi da naviganti sperduti in ogni dove, con pergamene che dicevano:
“Sono in un paese dove non c’è mai la notte e per questo le case non hanno la camera da letto,”
oppure
“La mia nave s’è arenata in un posto dove c’è sempre notte e la gente tiene pipistrelli invece che canarini nelle gabbiette.”
Un giorno gli arrivò un vaso con scritto:
“Sono in un’isola dove non arriva nessuna corrente, ma tutte la lasciano. Al centro dell’isola c’è una grande sorgente d’acqua che viene da sottoterra, nessuno sa bene da dove, che forma dei grandi torrenti che scendono a mare facendo delle grandi onde che spingono via i vasi con le mie lettere, ma che impediscono alle lettere che mi vengono scritte di raggiungermi.”
Quando si trovava in mezzo al mare sulla sua nave, Ulisse gettava in acqua dei vasi con delle lettere dolcissime per Penelope. Non sapeva che le sirene li rubavano e li portavano in fondo al mare, per leggere le sue lettere d’amore e sospirare, riempiendo l’abisso di bollicine.

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