C'era una volta un re, che era vedovo, ma aveva tre devotissime figlie: Petronilla, Logistilla e Domitilla. Un giorno il re s'ammalò d'una strana malattia che nessuno sapeva curare. Vennero chiamati medici d'ogni dove, ma nessuno aveva mai visto la malattia e tantomeno sapeva come porvi rimedio. Vennero quindi cercati maghi e guaritori, ma senza maggiori risultati. Si ricorse persino a delle streghe, che non seppero però dare nessun consiglio.
Il re, intanto, diventava sempre più magro e la sua pelle prendeva sempre più un colore grigio-verde. Si fece un bando che prometteva un premio a chiunque avesse indicato una valida cura. Un giorno si presentò a corte un vecchio soldato.
"Anni fa, il mio reggimento era stato mandato in un remoto luogo dell'oltremare, passai per un paese dove diverse persone avevano una malattia del tutto simile a quella di Sua Maestà. La curavano, mi ricordo, con lo zucchero-rosmarino: un'erba simile al rosmarino, ma dal sapore dolce come quella dello zucchero."
Il re fece venire le sue figlie e disse loro: "Per guarirmi c'è un solo rimedio, un'erba chiamata zucchero-rosmarino, che cresce non si sa dove. Petronilla, tu che sei la più grande ed esperta tra le mie figlie, andrai a cercare quest'erba. Ti darò una scorta di cavalieri e un baule di monete d'oro per le spese del viaggio."
Petronilla s'inchinò rispettosamente, prese baule e scorta e si mise in viaggio. Per diverse settimane cercò lo zucchero-rosmarino, dormendo di notte in una tenda e aprendosi la strada di giorno tra boschi e brughiere. Arrivò un giorno in vista di una città e pensò: "Mi fermerò lì un giorno per riposare, poi riprenderò la mia ricerca." Dopo un giorno pensò: "Un altro giorno mi può solo far bene." Ma l'albergo non aveva stanze, quindi affittò un palazzo, "tanto i soldi mi bastano e avanzano". E così, rimandando di giorno in giorno, Petronilla si stabilì in quella città e si dimenticò dello zucchero-rosmarino e della malattia del padre.
Alla reggia, intanto, ci si preoccupava perchè di Petronilla non si sapeva più niente da settimane. Il re fece chiamare Logistilla, la seconda delle figlie, e le disse: "Figlia mia, è il tuo turno di andare a cercare lo zucchero-rosmarino. Non ho più monete d'oro, ma ti darò un baule di monete d'argento. Non ho più cavalieri, ma ti darò una scorta di fanti e arcieri. E mentre cerchi l'erba, vedi anche di ritrovare tua sorella Petronilla, poveretta, che chissà che cosa le è successo."
Logistilla fece un profondo inchino, partì e s'impegnò nelle ricerche per diversi giorni, finchè non giunse alla città dove s'era fermata a vivere Petronilla. Entrò in città per fare provviste e lì incontrò la sorella maggiore che, vestita da principessa, stava andando a una festa. Petronilla la convinse a fermarsi qualche giorno per riposarsi e divertirsi, prima di riprendere la ricerca dello zucchero-rosmarino. E anche Logistilla finì con lo stabilirsi in quella città, facendo con i soldi del padre una vita di grandi agi e divertimenti.
Il re, che non aveva più notizie di nessuna delle due figlie e le cui condizioni andavano peggiorando, chiamò infine Domitilla, la più giovane, che era poco più che una bambina. "Mi spiace doverti mandare in una missione così difficile, Domitilla, ma delle tue sorelle non so più niente oramai da mesi. Ti darò questa moneta di rame, che è l'ultima che mi è rimasta, e verrà con te il mio cameriere zoppo, che è l'ultima persona rimasta al mio servizio. E mi raccomando, cerca anche le tue povere sorelle, che chissà dove sono finite."
Domitilla diede un bacio sulla guancia del padre, mise in tasca la moneta di rame e partì col cameriere zoppo. Per molte settimane cercò lo zucchero-rosmarino nei boschi e su per le montagne. Chiese alle streghe che abitavano in capanne sperdute nelle paludi e ai saggi che vivevano nelle grotte: a volte raccoglieva qualche vaga indicazione, ma niente di preciso. Di giorno procedeva lentamente, seguendo il passo del cameriere zoppo. Di notte dormiva in una vecchia tenda da campo, perchè le grandi tende a padiglione le avevano portate con sè le sorelle maggiori. Avendo solo una moneta di rame, che Domitilla teneva per le emergenze, si dovevano accontentare di cacciare piccola selvaggina e, quando non ce n'era, si nutrivano di bacche e funghi.
Un bel giorno, Domitilla e il cameriere zoppo videro una fonte d'acqua chiarissima e fresca e decisero di fermarsi per bere e lavarsi la polvere di dosso. Si affacciarono insieme alla fonte e Domitilla vide rispecchiato nell'acqua solo il proprio volto, come se al suo fianco non ci fosse stato nessuno. "Com'è possibile?" chiese al cameriere. E lui le spiegò: "Anni fa avevo sentito che di notte le streghe passavano per il crocicchio di fronte a casa mia per andare al gran ballo delle streghe e volli vedere di persona. Così una notte mi nascosi dietro un cespuglio, ma una strega che arrivava al crocicchio dal campo di barbabietole alle mie spalle mi vide e s'indispettì a tal punto che mi diede prima un calcio sulla gamba, ed è per questo che sono zoppo, e poi mi rubò l'immagine riflessa. 'L'avrai indietro quando saprai meglio come ci si comporta,' mi disse, e volò via.
"A toccar le streghe ci si scotta, ma si diventa anche un pò stregoni. Dalla notte di quell'incontro non ho più avuto paura del buio e non perdo la strada neanche nella più nera oscurità. E il mio udito è diventato fine come quello di un gatto."
Commentò Domitilla: "Chissà, magari recupereremo anche la tua immagine riflessa, oltre che lo zucchero-rosmarino. E non si sa mai, potremmo trovarci in una situazione in cui la tua abilità d'orientarti di notte e di udire ci potrebbe anche venire utile."
Una volta che furono dissetati e ripuliti, Domitilla e il cameriere zoppo s'attrezzarono per andare a caccia. Scorsero un fagiano, ma era un fagiano strano, con una lunga coda di penne azzurre. L'uccello li vide e corse via nel sottobosco, senza poter volare perchè i rami sopra di lui erano troppo fitti e bassi. Lo inseguirono finchè l'animale non si rifugiò sotto una folta distesa di rosmarino, e continuarono a cercarlo fin là sotto, strisciando sotto i cespugli. A un certo punto, Domitilla ruppe un rametto d'un cespuglio e sentì, invece dell'odore intenso di rosmarino, un profumino dolce e sottile come di miele. Masticò alcune foglioline e concluse che, senza dubbio, si trattava di zucchero-rosmarino.
Domitilla e il cameriere zoppo erano così felici che si dimenticarono della fame e del fagiano dalla coda azzurra, che ancora oggi ringrazia d'esser scampato allo spiedo. Presero alcuni rami della pianta e si apprestarono a fare il lungo viaggio di ritorno.
Mancavano pochi giorni per arrivare a casa quando arrivarono a una città. Entrarono per mangiare qualcosa di caldo: dopotutto, avevano ancora la moneta di rame che aveva dato loro il re. Ma quando giunsero alla piazza, Domitilla vide due donne vestite di stracci che chiedevano l'elemosina e riconobbe subito le sue due sorelle. Avevano finito i soldi che loro padre aveva dato loro e s'erano ridotte in miseria.
"Petronilla, Logistilla! Che fortuna avervi incontrato! Lo zucchero-rosmarino avrebbe sì fatto guarire nostro padre, ma vedendoci tornare tutte assieme, con la salute gli tornerà pure il sorriso." E corse ad abbracciarle, le portò in un'osteria e con la sua moneta di rame comprò da mangiare per le sue due sorelle, "Io e il cameriere mangiamo benissimo e abbondantemente tutti i giorni, sapete, e saltare un pasto non ci può che far bene."
Petronilla e Logistilla mangiarono volentieri ed erano felici di aver incontrato la loro sorella, ma quando furono sazie si vergognarono perchè non invece di continuare a cercare l'erba di cui aveva bisogno loro padre, avevano passato mesi e mesi in feste e divertimenti. Si sa, la vergogna si porta talvolta dietro l'invidia e la paura, e paura e invidia chiamano l'astio. Fu così che, in un momento in cui Domitilla non le ascoltava, le sorelle maggiori si misero daccordo per ucciderla e per rubarle lo zucchero-rosmarino. Portando la pianta a loro padre, sarebbero state certamente premiate, e non punite, come rischiavano di essere se Domitilla avesse raccontato di come le aveva ritrovate. Ma mentre parlavano il cameriere zoppo, con il suo udito finissimo, le sentì.
Le tre sorelle e il cameriere ripresero il cammino e di notte si fermarono a dormire in mezzo alla foresta. Il cameriere svegliò Domitilla e le disse quello che aveva udito. Senza svegliare le sorelle maggiori, Domitilla e il cameriere si vestirono e lasciarono il campo. Non ebbero problemi a trovare la strada, perchè il cameriere s'orientava quasi meglio al buio che di giorno.
Così, in capo a una notte e un giorno furono al castello dal vecchio re, che se non era morto, poco ci mancava. Lo zucchero-rosmarino venne fatto bollire in acqua e poi venne dato al re. Per essere sicuri che non si trattasse di una bevanda velenosa, il cameriere zoppo lo volle assaggiare prima di farlo bere al re. Scoprì così che quella pianta medicinale aveva anche altri poteri: mentre beveva vide il proprio volto apparire sulla superficie della coppa d'argento e capì che la sua immagine riflessa gli era stata restituita. Anche la gamba smise di zoppicare: a tutt'oggi, di quel lontano incontro con la strega gli è rimasto solo un dolorino al ginocchio, che gli viene appena prima degli scrosci di pioggia.
Il re, presto ristabilitosi, chiese a Domitilla cosa volesse come premio: "Il titolo di regina? Un castello? Le reali scuderie?" Domitilla, invece, chiese solo che suo padre le permettesse di sposare il cameriere non più zoppo, a cui aveva imparato a volere un gran bene. "Non è che si usi, sposare principesse a camerieri," osservò il re, "ma date le circostanze... a patto che lui sia daccordo, ovviamente."
Avrete capito che questo non era affatto un problema, così Domitilla e il cameriere si sposarono e vissero felici quanto lo si può essere.
E le sorelle Petronilla e Logistilla? Beh, ci misero un pò di tempo a uscire dal bosco: a loro veniva difficile anche di giorno. Quindi camminarono a fatica fino al castello del padre. "Dovrei farvi tagliare la testa!" disse lui severo, ma Domitilla, come al solito, le difese. Se la cavarono lavorando dieci anni nelle scuderie reali, strigliando i cavalli e pulendo il letame, che non è poi il lavoro peggiore che ci sia a questo mondo.
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6 commenti:
Ma che bella che è questa storia, Maz!
Vado a segnalarla su Nonblog ma in modo diverso dal solito; metto solo le prime righe, con il link a questa pagina, in modo che chi vuole possa continuare a leggerla qui.
Ti rinnovo i miei più cari auguri per un felice anno nuovo e ti abbraccio
H.
Deliziosa favola, con una bella morale, ma assolutamente non pedante! Sono sicura che ai bambini piacerà moltissimo! Cari auguri per un sereno 2008. Annarita.
MAZApegul, amMAZZAcheBELLASTORIA!!!!!!!!!!!!! Peccato non aver più bambini piccini a cui raccontarla... anzi no: forse va bene anche ai grandi!!!!
Bip sul naso da
Roby [:->>>]
Maz, va bene essere folletti, fuori dal mondo, e tutto quel che vuoi, ma forse dovresti sistemare almeno l'orario dei commenti sul tuo blog che è completamente sfasato. Io, alle 7.19 del mattino, sono ancora nel primo sonno, figurati se avrei mai potuto scrivere un post! Forse solo se fossi affetta da sonnambulismo...
Un bacio affettuoso ed amichevole
H.
Mazapegul, folletto-genietto, sono proprio felice di vedere che hai ripreso a pubblicare le tue belle storie. Questa, in particolare, mi è piaciuta assai: tornerò più spesso a curiosare!
E, a proposito di curiosità: che fine hanno fatto le filastrocche che ti mandai, e che pareva avessi apprezzato addirittura con entusiasmo? Ho notato che è sparita anche la prima ed unica che avevi messo nel sito... che è successo?
SMACK SMARASMACK
P.S.
Per amor di precisione, faccio notare che adesso sono le 9 e 46 di mattina...
Troppo gentili, arrossisco e confesso: il modello è una favola romagnola letta tanti anni fa (un re, tre figli, la ricerca delle penne di un uccello taumaturgico, l'omicidio del piu' piccolo...: quella favola finiva in tragedia sheakesperiana, con la morte di tutti i personaggi). Cerchero' in giornata di cambiare l'ora: devo solo trovare le icone giuste (noi gente di macchia non s'è proprio espertissimi di sistemi informatici).
Sissi (e Graziella, se sei in ascolto). A un certo punto (non appena avuto l'ADSL) avevo proceduto a una quasi generale cancellazione dei contenuti, che poi ho risistemato. Rodato lo strumento (con l'ausilio ADSL) posso ora pubblicare tutti i contributi che mi arrivano. Se mi rispedite il materiale (perduto nel penultimo crash del computer coniugale), lo rimetto in rete (soprattutto per Graziella: avevo invertito l'ordine di immagini e didascalie e in tre notti di connessione lenta non ero riuscito a rimetterle a posto; stavolta, a connessione veloce, dovrei cavarmela senza problemi).
Ciao,
Màz
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