Sulla via della scuola, Angelica e io discutiamo dell'infinito. Io ho in mente l'esempio che già le avevo fatto: i numeri sono infiniti, perchè, qualunque numero lei mi dica, posso aggiungerne uno (infinito potenziale). Aggiunge lei: "Anche il girotondo è infinito, perchè non si può dire chi sia il primo e chi l'ultimo."
L'esempio è bello e ha un retrogusto zen: "chi è il primo del girotondo?" "Viene prima il mezzogiorno o la mezzanotte?" E' anche collegato all'attuale dibattito cosmologico.
Per i lettori molto esigenti.
Tecnicamente non si tratta di infinito, visto che stiamo parlando di quantità finite, comunemente incontrate nei cortili e nei parchi, anche se dell'infinito (di alcuni tipi di infinito) ha la proprietà di non aver inizio, né fine.
Ecco, per i passanti interessati, un breve glossario dei termini usati dai matematici contemporanei per districare questo tipo di faccende.
Infinito. Si usa per lo più per indicare la quantità di oggetti contenuti in un insieme. Galileo (diciamolo con patriottico orgoglio) se ne venne fuori con la prima definizione operativa di infinito: un insieme A ha un numero infinito di elementi quando possiamo etichettare gli elementi di A utilizzando gli elementi di una sua sottoclasse. Per esempio, i numeri interi possono essere etichettati dai numeri pari:
0->0
2->1
4->2
...
2n->n
Illimitato. Il concetto si riferisce non al numero di elemtni di un insieme, ma alla misura di un'estensione (di spazio, di tempo...). Una ragione di spazio è illimitata se in essa si trovano coppie di punti aventi distanza arbitrariamente grande. Le regioni illimitate dello spazio contengono infiniti punti, ma esistono regioni limitate che pure contengono infiniti punti (almeno idealmente).
Giordano Bruno fu il primo, almeno in epoca moderna, a ipotizzare che l'universo fosse illimitato (anche questo andrebbe orgogliosamente ricordato). Prima di Bruno si credeva che l'universo fosse limitato da una grande sfera, in genere identificata con quella delle stelle fisse: una frontiera invalicabile al di là della quale era lecito (lontano dalle pericolose orecchie dell'Inquisizione) immaginare ogni sorta di presenza extra-universale.
Varietà compatte senza bordo. Si tratta di enti geometrici limitati (nel caso bidimensionale, di superfici) con la proprietà che, da qualunque punto su di essi, ci si può muovere in qualunque direzione (sempre su di essi) di una lunghezza qualsiasi, senza con ciò uscire dalla superficie. Si pensi, per esempio, alla superficie della sfera.
Che le cose potessero stare diversamente sia da come le immaginava Bruno, che da come le si era immaginate prima, è una conquista moderna. I modelli bidimensionali, comunque, non mancavano. Immaginate esseri intelligenti bidimensionali che abitino una grande superficie sferica. Essi possono muoversi ovunque senza mai uscire dalla sfera. Come possono sapere di essere in un universo limitato? Supponiamo che il pianeta Xuz sia posto sul Polo Nord della sfera e che un avventuroso esploratore parta in direzione Sud sulla sua astronave. Dopo un certo tempo, la sua astronave avrà doppiato il Polo Sud e ritornerà al Xuz nel punto opposto a quello da cui era partito. Il suo cervello bidimensionale non potrà raffigurarsi la forma del suo universo, ma potrà comunque fare dei conti su di esso (per esempio, calcolarne il diametro). Al momento c'è un'accesa discussione sulla forma dell'universo, nonchè sulla sua limitatezza o meno.
Il girotondo, una circonferenza, è sostanzialmente l'unico esempio di varietà compatta senza bordo unidimensionale.
Le varietà compatte senza bordo sono oggetti sostanzialmente finiti, ma che hanno in comune con l'idea generale di infinito la proprietà di non avere una frontiera oltre la quale non si può procedere.
Regioni aperte. Questi insiemi sono in un certo senso all'opposto delle varietà compatte con bordo, e hanno a che fare col tipo di infinito che avvantaggia le tartarughe nelle loro gare contro i velocisti greci. Sono porzioni di spazio (o di piano, o di retta) che, magari limitate in estensione, non hanno però una frontiera. Per esempio, lo spazio intermedio tra l'arco e il bersaglio: la frontiera è data, per l'appunto, dall'arco e dal bersaglio, che NON fanno parte dello spazio intermedio. Di qui il paradosso studiato dai greci: a un certo punto la freccia ha percorso metà dello spazio intermedio, successivamente avrà passato metà di quello rimanente, e così via. Raggiungerà mai la freccia il bersaglio?
Le regioni aperte, anche se limitate, hanno infiniti punti.
E poi ci sono altre manifestazioni dell'infinito, che ci porterebbero forse troppo lontano.
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2 commenti:
Madonna... che mal di testa...
Prof posso andare al bagno?:)
Sì, ho scritto troppo in fretta: ci vorrebbero disegnini e altro. Non appena ho tempo, li faccio.
Domani sono a Roma. Ti chiamo.
Un abbraccio,
Màz
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